INTERVISTA Paolo Gobbato, vicesindaco di Pove del Grapppa, sostiene un’ipotesi
assai suggestiva: l’autostrada sventolata per "portare a casa" la Valdastico Nord
Claudio Strati, il Gazzettino Martedì 17 Gennaio 2012
È stato tra i primi a "indovinare" che esisteva un project financing per un’autostrada a pagamento da Padova a Trento via Castelfranco e in Valbrenta. Nemmeno in giunta regionale o nel consiglio regionale dicevano di saperlo. Ora è il primo a sostenere che quel progetto, che tanto fa discutere tra Valle del Brenta, Romano e Cassola per i passaggi definiti devastanti o accettabili, non troverà mai realizzazione. Questo sostiene il vicesindaco di Pove del Grappa, Paolo Gobbato.
Perchè si è fatto questa idea, vicesindaco Gobbato?
«Quando ho parlato del progetto, a fine estate 2010, sono stato coperto dagli insulti di molti gregari ma dopo alcuni mesi è uscito ufficialmente e padrini e protettori si sono dileguati. Tanti dettagli erano stati seminati. Altri emergono ora, tra scarabocchi mostrati a qualche sindaco su carta di formaggio, modificati a seconda dell’umore di questo o quel sindaco, procedure irrituali, forzature più o meno evidenti, piani industriali inesistenti, tracciati ridotti: ma non bastano a sostenere un progetto ridotto a un programma economicamente fallimentare».
Addirittura fallimentare?
«Mi chiedo perché una società debba investire in un progetto che, secondo l’ultima presentazione, non appare finanziariamente sostenibile (11-12 chilometri di gallerie su 18 totali). Senza contare che le prescrizioni per le gallerie dopo l’incidente del Monte Bianco su tratti così lunghi fanno lievitare i costi e obbligano a opere complementari».
Ma ci sarà poi il piatto ricco del business dei pedaggi.
«Il pedaggio dell’arteria dall’allacciamento della futura autostrada pedemontana da Cassola fino a Pian dei Zocchi o Cismon, con l’esenzione (forse) dal pagamento di una importante fetta di residenti, e in mancanza di adeguata continuità verso Trento, dovrebbe essere così elevato da scoraggiare chiunque a percorrerla. Tantomeno di investirci capitali per la sua realizzazione».
Allora dove sta il bandolo?
«O questo non è il tracciato definitivo (e non intendo piccole modifiche) e quindi l’autostrada parte da Padova ed arriva effettivamente a Trento senza soluzione di continuità, cosa difficile se non impossibile da realizzare, o la verità va ricercata da altre parti».
Dove, per la precisione?
«Cosa spinge una importante società di costruzioni a investire in un così costoso progetto e contemporaneamente rastrellare azioni della società Brescia Padova (quote ex provincia di Padova), pagandole oltretutto generosamente? L’autostrada Brescia Padova Spa ha in scadenza la concessione nel 2013. Il delicato rinnovo della concessione (evitando il rischio di un’infrazione perché la Commissione Europea potrebbe ritenere che la rideterminazione della durata della concessione apra la strada all’elusione del principio di competizione per il mercato) dipende dal completamento della Valdastico Sud e soprattutto dalla Valdastico Nord, dove per il momento vige il veto della Provincia Autonoma di Trento. In realtà solo quello del presidente Dellai in rappresentanza di una parte della città di Trento che teme l’attraversamento della città».
E allora?
«Ritengo che per ottenere la proroga della concessione in deroga alla procedura comunitaria, la Bs-Pd sia costretta a completare la Valdastico Nord per due principali motivi: per il rinnovo dei fidi bancari necessari al proseguimento ed al completamento della Valdastico Sud, e per non dover restituire il sovrapprezzo dei pedaggi richiesti al Cipe per il completamento della Nord. Del recupero delle tariffe eventualmente riscosse e non utilizzate per la realizzazione della Nord si è discusso qualche anno fa in Parlamento, mi risulta, nella commissione permanente lavori pubblici, con relatore l’allora viceministro Capodicasa. Un’autostrada in Valsugana sarebbe la fine di ogni speranza di attuazione della Valdastico Nord e decreterebbe la morte dell’attuale assetto della Bs-Pd, o meglio si aprirebbe il bando per la gara europea. Si parla di centinaia di milioni di euro, sia nell’investimento sulla Bs-Pd sia sul progetto Valsugana. Il cerchio non si chiude».
E lei sostiene che tutto il parlare che si fa del progetto sia inutile?
«La finanza di progetto su opere e servizi in monopolio appare come una nuova corsa all’oro. Le grandi società di investimento immobiliare e infrastrutturale non sono filantropiche. Come si fa a investire centinaia di milioni di euro in un’autostrada con un’incognita come la scadenza del 2013 e contemporaneamente investire in un’opera monca e, ripeto, fallimentare come la Valsugana che, se realizzata, sottrarrebbe flusso veicolare alla Valdastico Nord? La realtà può celarsi nella guerra per il controllo della Serenissima, autostrada trafficata e assai redditiva».
Valsugana come strumento di pressione?
«Sì, sui trentini, per convincerli a mollare sulla Valdastico Nord o, peggio, allungare il braccio di ferro (ricordiamo che la Provincia va al voto quest’anno), far scadere la concessione e portarsi via la Bs-Pd per una pipa di tabacco. Ottenuto questo, io penso che della Valsugana non si sentirà più parlare. Con tanti saluti ai bassanesi e ai valligiani che rimarrebbero con il cerino acceso e i problemi viari irrisolti da decenni come la coda al semaforo di Carpanè».
VICESINDACO Paolo Gobbato, della
Lega, è in amministrazione a Pove
come numero due del sindaco
Orio Mocellin. Sul tema strade da
tempo approfondisce e studia